venerdì 5 febbraio 2021

Nagorno-Karabakh, una guerra che cambia tutto

Il conflitto azero armeno per il controllo del Nagorno-Karabakh, regione relativamente ininfluente economicamente per i contendenti, ha mostrato il volto della nuova guerra che verrà, l'Azerbaijan ha schierato grazie ai findi derivati dagli idrocarburi il meglio della tecnologia bellica sul “libero” mercato (israeliana, turca, USA e qualcosa di cinese) mentre l'Armenia dispone di un buono stock di materiale bellico sovietico variamente ammodernato e di una ottima disponibilità di personale con una preparazione militare di buon livello.

Cominciamo dalla fine per avere il quadro d'insieme. La conclusione del conflitto durato 45 giorni è stata sostanzialmente di natura diplomatica ed ha visto un ritorno alla condizione iniziale con qualche concessione, se un vincitore può essere trovato si potrebbe dire che ai punti vince la Russia che da stato non belligerante si aggiudica il ruolo di mediatore chiave e una utilissima missione di pace in una regione chiave in un nodo tra Turchia, Afganistan, Iran e sfera cinese con ampie e vitali riserve di idrocarburi.

La regione del Nagorno-Karabakh è un ponte, circondata da Iran, Russia, Turchia e bagnata dal Caspio

Il segno del conflitto sembra essere l'incertezza di strategie e tattiche di fronte alle nuove sfide poste dalla tecnologia, in un tripudio di stratagemmi l'unica certezza è la perdita della “profondità strategica”. I sistemi d'arma convenzionali si sono sposati con l'elettronica trasformando i vecchi strumenti sovietici di artiglieria in letali cecchini e i droni hanno cambiato sia la logica della ricognizione che dell'attacco, anche la difesa aerea che sembrava dare alla dottrina sovietica un margine si è mostrata un fattore dell'equazione ma non decisiva. Molto è stato deciso dalla capacità decisionale ed implementativa, dall'inventiva e dall'adattabilità ma il risultato finale rimane una completa inutilità dello sforzo bellico nel raggiungere effetti duraturi. Ora analizziamo un pochino i fatti ed i mezzi.

 

ARTIGLIERIA

Entrambe gli schieramenti hanno dimostrato l'efficacia dell'uso dei vecchi BM-30 con un aiutinodalla moderna elettronica, con una gittata di 90+ Km e un'ampia disponibilità di munizionamenti diversi (termobarici compresi) e un CEP di 100m standard ma probabilmente ridotto a 50-m con i sistemi di correzione minimali in uso anche in IRAN.

BM-30 Smerch, un originale URSS

La Turchia ed Israele hanno fornito i loro ritrovati da esportazione che vantano caratteristiche migliori ma costi notevolmente superiori, per l'artiglieria a razzo convenzionale si parla di 120Km di massimo con i turchi ma con tecnologia più vicina a quella dei sistemi balistici.

Su ambo i fronti troviamo sistemi balistici di teatro di era sovietica come SCUD e Torcka ma anche i nuovi gioielli come gli Iskander russi in mano agli Armeni ed i LORA israeliani degli azeri, questi sistemi dovrebbero essere limitati a 300Km di massima dai trattati ma entrambe sono sospettati di ben migliori prestazioni e gli Iskander in particolare dispongono di munizionamento da crociera con gittata in migliaia di Km.

Non sfigurano neanche i sistemi da campo o semoventi con le loro gittate comodamente nei 30Km per i pezzi da 155mm, sulla precisione non è dato sapere ma gli aiutini tecnologici anche qui fanno miracoli.

 

DRONI

Il campo è sbilanciato in favore degli azeri che hanno speso in uno shopping selvaggio per disporre dell'”arma del futuro”accaparrandosi ottimi prodotti israeliani e turchi, l'Armenia dispone solo di prodotti locali abbastanza caserecci. Il Bayraktar TB2 turco in particolare è un cavallo da tiro collaudato che dispone sia di ottime capacità di ricognizione che di un munizionamento pensato per lui e con un ottimo rapporto costo-effetto, sulla stessa linea si collocano gli IAI Harpy2 israeliani che sono più vicini ad un veicolo kamikaze che ad un vero drone ma economici e spendibili senza eccessivi scrupoli (si possono recuperare ma non sono davvero fatti per durare a lungo).

 

BLINDATI E SUPPORTO

Qui nessuno ha davvero investito molto, la disponibilità economica azera gli ha permesso il solito shopping selvaggio soprattutto di veicoli leggeri ma il lavoro pesante è probabilmente stato affidato ai sistemi sovietici per un mix di miglior disponibilità di pezzi e primitiva robustezza. La natura montuosa e accidentata non si presta naturalmente all'impiego di carri armati, in particolare vulnerabili ad artiglieria e pericoli aerei che letteralmente compaiono da dietro ogni crinale, i vecchi modelli schierati sono risultati più un bersaglio che uno strumento in questo conflitto.

Standing ovation invece per i veicoli di supporto logistico e quelli da guerra elettronica, i primi di fabbricazione sovietica dimostrano la solidità dell'idea di fondo del veicolo robusto ma spendibile progettato per costi minimali di produzione e mantenimento in ruoli non critici, i sistemi di guerra elettronica invece dimostrano la strategia opposta, sistemi d'avanguardia e super costosi, ma impiegati in maniera conservativa e “coccolati” in quanto asset critici.

Una nota stonata per entrambe i contendenti è che nessuno dei due dispone di capacità produttive di rilievo per quanto riguarda il materiale bellico.

AVIAZIONE

A parte i rimasugli dei sovietici solo l'Azerbaijan dispone di un aviazione relativamente moderna con gli F-16 Viper “prestati” dai turchi al conflitto.

DIFESA AEREA

Il sistema S300, uno dei radar, centro di comando e lanciatore

Anche qui il vecchio equipaggiamento sovietico la fa da padrone per i sistemi base, dai sistemi a spalla a quelli su ruota, ma vi sono divergenze sui gioielli in campo: gli armeni schierano degli S-300 quasi moderni mentre gli azeri un cugino antiquato ma affiancato a due sistemi Barak8 israeliani.


Molti analisti si sono fatti abbagliare dai dati sulle distruzioni da parte dei “nuovi sistemi” per valutare la guerra ed hanno dato la palma agli azeri come guerrieri di domani la realtà è che i calcoli si fanno alla vecchia maniera se bisogna conquistare territori, servono gli scarponi ed i fucili. La situazione è quindi simile ai pantani iracheni ed afgani dove il cielo è chiaramente monopolizzato ma la terra resiste e combatte a parte, non aiuta poi che molti decisori siano proni a pesanti bias cognitivi simili a quello di McNamara, non aiuta inoltre la tendenza ormai comune a definire male gli obbiettivi delle guerre.

Il consiglio cinese espresso da “la guerra senza confini” si manifesta in tutta la sua potenza, ogni strategia è contrastabile ed ogni arma ha un antagonista ed una serie di punti deboli ineliminabili. Il vincitore sarà lo scacchista migliore, i pezzi in gioco determinano più la strategia che il risultato finale. Possono aiutare alcuni esempi.

Gli azeri hanno ricevuto aiuto dagli F-16 turchi dimostratisi pesantemente superiori a tutto ciò che potesse schierare l'Armenia, la risposta si hanno gli attacchi balistici al Ganja International Airpor, manovra potenzialmente in grado di eliminare i temuti aerei proprio mentre sono fuori dal cielo. L'invincibile aereo è solo un bersaglio sulla terra.

Gli armeni hanno tentato di usare i loro superiori sistemi di difesa aerea per dominare il cielo dalla terra, la risposta azera è stata fornire come bersagli dei vetusti AN-2 (con cruise control fatto di lacci di scarpe) per costringere i radar più sofisticati ad attivarsi rendendoli vulnerabili a un attacco.

Gli invincibili sistemi antiarei sono vulnerabili quando attivati

Entrambe i contendenti poi hanno dimostrato la possibilità di distruggere ogni concentrazionesignificativa di forze (inteso soprattutto come valore economico-militare) appena individuabili. Il gioco infatti si basa sui metodi di individuazione, i droni sono comodi ma anche i sistemi di SIGNINT, le forze speciali, le spie e perchè no i fanti con la radio! Il limite principale si dimostra quindi più l'affidabilità delle informazioni che i mezzi di procurarsele quindi.

 

La mia conclusione personale rimane che le guerre saranno sempre più improbabili a causa della difficoltà di trasformarle in progetti economicamente validi, saranno inoltre forzatamente brevi (ma non necessariamente poco distruttive) e vinte più tramite il soft power che i mezzi cinetici. Ogni scontro sarà da considerare una guerriglia su molti livelli senza che nessuno possa sentrirsi una "superpotenza invinciile" a prescindere dalle risorse utilizzabili.

Paradossalmente la "spinta ecologica" è anche una spinta alla dispersione del valore dei bersagli militari e alla semplificazione logistica, fattori necessari in un simile scenario per ridurre le vulnerabilità quindi prepariamoci ad una sempre maggiore disponibilità di innovazioni circa l'elettrificazione di ogni aspetto: tecnologie dual use indispensabili per la guerra finiranno per impattare il mondo civile come internet.

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